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Contenuto di FODMAP di alimenti e cibi cotti di origine vegetale comuni adatti a regimi alimentari vegetariani e vegani

Tuck C, Ly E, Bogatyrev A

Journal of Human Nutrition & Dietetics (2018) https:doi.org/10.1111/jhn.12546
 
Si calcola che il 10 per cento della popolazione mondiale segua un regime alimentare vegetariano o vegano. Le diete a base di cibi vegetali rischiano di essere carenti di nutrimenti essenziali come proteine, ferro, zinco, calcio e vitamina B12, che però possono essere assunti consumando legumi, cereali integrali, noci, semi e alimenti a base di soia. Da un’analisi delle composizioni disponibili, tuttavia, è emerso che molti di questi alimenti contengono anche quantità significative di FODMAP (Fermentable short-chain carbohydrate), i carboidrati fermentabili a catena corta di cui devono limitare l’assunzione coloro che seguono una dieta “low Fodmap”. Pertanto, vi è la necessità di ampliare il database attuale dei FODMAP per individuare un maggior numero di fonti alimentari di micro e macronutrienti essenziali adatti ai vegetariani e ai vegani. Parallelamente, è opportuno condurre ulteriori studi per valutare la possibilità di ridurre il contenuto di FODMAP dei cibi di origine vegetale mediante processi di trasformazione alimentare o tecniche di cottura, nell’ottica di migliorare l’adeguatezza nutrizionale in questo gruppo di pazienti.

La prima parte di questo studio aveva lo scopo di quantificare il contenuto di FODMAP degli alimenti a base vegetale disponibili per i vegetariani e i vegani. La seconda parte invece è stata condotta con l'obiettivo di valutare gli effetti dei processi di trasformazione alimentare e cottura sul contenuto di FODMAP degli alimenti di origine vegetale. A questo scopo, un gruppo di 8 dietisti ha selezionato trentacinque alimenti o costituenti di alimenti di uso comune tra i vegetariani e vegani, il cui contenuto di FODMAP è stato quindi analizzato dal Dipartimento di gastroenterologia della Monash University di Melbourne. Sono inoltre stati selezionati alimenti sottoposti a ulteriori processi di trasformazione alimentare, come noci attivate, sottaceti (barbabietola, carciofo, aglio e cipolla) e cibi fermentati. Il contenuto di FODMAP di questi alimenti è stato quindi confrontato con quello rilevato negli stessi alimenti quando erano freschi, non ancora trasformati o cucinati. Inoltre, sono stati scelti 6 tipi di cereali e legumi da far germogliare. Per confrontare le differenze tra i legumi in scatola e secchi, sono stati analizzati fagioli di Spagna e azuki in scatola ed essiccati, nella forma finale destinata al consumo. Per valutare l’impatto delle condizioni di cottura sul contenuto di FODMAP sono stati analizzati fagioli di Spagna e lenticchie rosse sottoposti a processi di bollitura in acqua a fuoco lento di varia durata, con e senza sgocciolamento e preammollo.

Nella prima parte dello studio, il contenuto totale di FODMAP è risultato basso per venti degli alimenti analizzati. Tra questi figuravano: latte di cocco in scatola (utilizzato per cucinare), yogurt di cocco, formaggio di soia e tempeh (carne di soia). Tra gli alimenti non rispondenti ai criteri “low FODMAP” sono stati individuati ad esempio la farina di cocco, lo yogurt di soia, il granulare di soia e il latte di quinoa. Nella seconda parte dello studio si è visto che il contenuto di FODMAP era inferiore in tutti i tipi di alimenti attivati e sottaceti rispetto alle versioni fresche corrispondenti. Anche tutti i tipi di cereali e legumi germogliati avevano un contenuto di FODMAP inferiore, con l’eccezione dei ceci. Le variazioni più significative sono state riscontrate con il processo di marinatura utilizzato per i sottaceti: basti pensare che nel solo caso dell’aglio il contenuto di FODMAP si è ridotto del 97%. Nel caso dell’aglio, della cipolla e della barbabietola la marinatura ha abbassato così tanto il contenuto di FODMAP da permetterne la classificazione come alimenti “a basso contenuto di FODMAP”. Il processo di conservazione in scatola ha abbassato il tenore di FODMAP dei fagioli di Spagna rispetto alle versioni essiccate, sgocciolate e cotte degli stessi alimenti. In media, il contenuto di oligosaccaridi dei fagioli di Spagna essiccati, sgocciolati e cotti era quasi 3 volte superiore rispetto a quello della versione in scatola e cotta. Facendo sobbollire i fagioli di Spagna per 5 cinque minuti, il contenuto di oligosaccaridi si è ridotto del 43 per cento; tuttavia, aumentando i tempi di cottura non sono state registrate ulteriori diminuzioni. Sgocciolando le lenticchie dopo 30 minuti di cottura a fuoco lento si è ottenuta un’ulteriore riduzione del 12 per cento del contenuto di oligosaccaridi rispetto alle lenticchie non sgocciolate. La bollitura lenta ha anche ridotto il contenuto di oligosaccaridi dei fagioli di Spagna, e tale diminuzione è proseguita anche prolungando i tempi di cottura.

Questo studio ha dimostrato che i processi di trasformazione alimentare e cottura possono contribuire a ridurre il contenuto di FODMAP di vari alimenti di origine vegetale. I legumi sono un’importante fonte di proteine, fibre e micronutrimenti essenziali, nonché di prebiotici. Dal momento che il loro consumo è probabilmente associato a benefici per la salute, è importante identificare le varietà e le tecniche di trasformazione che possono contribuire a migliorarne la tolleranza da parte dei pazienti affetti da IBS (Inflammatory Bowel Disease, sindrome dell'intestino irritabile). È interessante notare che il contenuto di FODMAP dei legumi registrato in questo studio è stato notevolmente inferiore rispetto ai valori riscontrati in precedenza in studi australiani, benché la metodologia sia stata simile. Ciò potrebbe essere dovuto a differenze di coltivazione e raccolta, o a cambiamenti stagionali. La marinatura, l’inscatolamento e l’aumento dei tempi di cottura associati allo sgocciolamento per eliminare il liquido di cottura possono contribuire a ridurre il tenore di FODMAP di vari alimenti di origine vegetale, ed è probabile che la solubilità in acqua dei FODMAP sia uno dei meccanismi principali che hanno permesso di ottenere questi risultati. Alla luce di questi risultati, i dietisti dovrebbero informare i loro pazienti illustrando gli effetti che hanno i processi di trasformazione e cottura sul contenuto di FODMAP, e invitarli a fare delle prove con queste tecniche per determinare i propri livelli di tolleranza individuali. 
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